Premesso che il vantaggio della Ferrari, nella categoria Hypercar del
WEC, resta per ora rassicurante, sia per quanto riguarda le marche
(175 punti contro i 120 della Cadillac, dominatrice in Brasile) che
per i piloti (105 le lunghezze del trio Guidi/Calado/Giovinazzi
contro i 68 di Lynn/Nato/Stevens della Cadillac), la battuta
d'arresto del Cavallino in Sudamerica è stata piuttosto pesante: le
tre monoposto con le ruote coperte di Maranello si sono piazzate
lontano dalle prime, con la sola numero 83 di Kubica/Yfei/Hanson a
entrare in zona punti, piazzandosi all'ottavo posto. Solo 11° e 12°
le due macchine ufficiali, affossate dal BOP (Balance Of Performance)
che le ha fatto partire con una zavorra di 39 Kg, dovuta al dominio
dimostrato sinora. Distacchi abissali tra le prime tre (le due
Cadillac e la Porsche numero 5): l'altra monoposto di Stoccarda, col
numero 6, al quarto posto, condotta da Erste/Vanthoor, è stata
infatti doppiata dai vincitori. A due giri e passa tutte le altre.
Sul banco d'accusa, quindi, ci è finito il BOP: un meccanismo che,
nelle intenzioni degli ideatori, doveva riequilibrare le prestazioni
tra le vetture, per rendere più interessanti le gare. Va detto che
le corse di durata sono normalmente influenzate da un numero di
variabili maggiore di quelle di Formula 1, per fare un esempio.
Dopodiché, restando alla Formula regina, soprattutto nel periodo
dello strapotere RedBull, qualcuno aveva provato a proporre (con
scarso successo, a dire la verità) che il meccanismo venisse
introdotto anche lì. Ci sono due interessi contrastanti: da una
parte la necessità di mantenere alto l'interesse della competizione
ma, dall'altra (e questo conta molto nella mentalità degli
appassionati), la tutela di chi ha creato una macchina che va più
veloce delle altre. Perché chi ama i motori ha, per prima cosa,
rispetto per il progettista, per il tecnico che ha avuto un'idea
vincente e innovativa, per il team che ha messo sotto il sedile del
pilota una macchina che va più forte delle altre: l'automobilismo è
piloti ma, soprattutto, vetture. Non a caso Enzo Ferrari considerava
le seconde molto più importanti dei primi. Il discorso sul BOP
merita, quindi, un'analisi a parte. Il meccanismo esiste nell'ippica
da decenni (il cosiddetto "handicap" che, come noto,
consiste nell'aggiungere peso ai cavalli più performanti per rendere
più incerta la corsa e aumentare, in questo modo, il giro di
scommesse). Però lo scopo è, appunto, riequilibrare le chances di
vittoria. In un'ottica del genere, il BOP potrebbe anche essere
accettabile da parte di qualcuno, al netto però di quanto sopra. In
questa Sei Ore del Brasile, invece, è stato più un DOP (Decrease Of
Performances) per non voler essere eccessivi, utilizzando invece
l'acronimo SOP (Sinking Of Performances), vale a dire un vero e
proprio affondamento della vettura che, sinora, aveva dominato il
mondiale. In definitiva, un conto è voler imporre un handicap alla
macchina dominante per rendere più intrigante la gara e, magari, far
emergere maggiormente l'elemento umano, oggi marginalizzato
dall'elettronica (anche se, trattandosi di gare di durata, dove il
pilota viene impegnato per diverse ore, non ci troviamo del tutto
d'accordo con questa interpretazione), un altro è metterla nelle
condizioni di non poter competere con le altre. Fatichiamo, a questo
punto, a trovarci qualcosa di sportivo.
AUTOMOBILISMO

Wec e Bop, penalizzata la Ferrari