L'uomo e l'umanità hanno
bisogno dei miracoli. Pia Sundhage pensa che quella contro la
Spagna sia la più grande partita della sua carriera. L'avversario è
uno di quelli che fanno tremare i polsi, la vulgata dell'attualità parla
di squadra ingiocabile e imbattibile. Ma la Svizzera vuole crederci e
sognare. È spinta da un'atmosfera di grande entusiasmo, che
moltiplica il coraggio. È lapidaria nella sua visione: “Non
vinceremo se non saremo fortunati. Ma dobbiamo anche forzare la
nostra felicità”. Servono: volontà e ambizione;
concentrazione e determinazione; attenzione e sfrontatezza. Ogni
dettaglio dovrà essere curato, e gli errori dovranno essere
limitati. Ammette che la pressione è tanta, ci sono tante
aspettative, le giocatrici sono diventate l'emblema di un Paese intero, e
rimandano le immagini di un gruppo affiatato e coeso. Sundhage ama
raccontare: “Per me la vita è condividere storie”. La
storia come maestra di vita. La storia che talvolta si ripete. E
confessa: “Naturalmente abbiamo parlato del miracolo di Berna.
1954... Se vuoi cambiare le cose, devi ripetere le storie”.
Successe che, erano i Mondiali, la Germania sconfisse la
favoritissima e fortissima Ungheria. Lo sport è un grande romanzo
popolare, e molto spesso il finale è molto diverso da quello che
lascia intravedere la trama. E allora Svizzera metti in campo volontà e risolutezza. E il resto seguirà.
EUROPEI FEMMINILI

Miracolo a Berna?