CALCIO ITALIANO
Milan, lo sciopero degli ultras
Pubblicato il 22.08.2025 10:15
di Silvano Pulga
A margine di Milan-Bari è andato in scena, come preannunciato via social nei giorni scorsi, lo "sciopero" della curva del Milan, contro la nuova politica societaria in tema di abbonamenti: niente striscioni, niente cori, niente bandiere, con i tifosi più caldi a seguire la gara in silenzio, come a teatro. Una sensazione strana, visto che il nutrito gruppo di quelli ospiti, i quali hanno peraltro dimostrato solidarietà agli ultras milanisti, si faceva più sentire del resto dello stadio, privato della tradizionale "regìa" gestita da parte dei sostenitori più caldi. C'è da credere che anche i dirimpettai nerazzurri, duramente penalizzati dalla società di viale della Liberazione, attueranno iniziative analoghe, oltre ad aver intrapreso, secondo quanto ci risulta, azioni legali nei confronti del club di viale Liberazione. In tribuna stampa le opinioni erano discordi, come sempre accade in questi casi, tra chi sostiene che lo stadio senza ultras sia un ambiente troppo asettico e chi, invece, ne farebbe tranquillamente a meno. Va detto che la misura restrittiva rispetto agli abbonamenti non è estesa a tutti gli stadi oltreconfine, ma riguarda solo Milan e Inter: sabato a Como, per dire, il tifo organizzato si è presentato con bandiere e striscioni, e non ci risultano limitazioni di sorta durante la campagna abbonamenti, a parte il tetto massimo di tessere in vendita, che ha portato in poche ore al tutto esaurito. A San Siro, le società milanesi hanno invece applicato il regolamento dello stadio, dal momento che, secondo le ricostruzioni della Procura milanese (l'equivalente del nostro Ministero pubblico), gli ultras avrebbero venduto a prezzi da bagarinaggio gli accessi allo stadio attraverso il cambio del nominativo sulle tessere del tifoso, lo strumento che, oltre confine, serve per identificare chi accede all'impianto sportivo. Ponendo in essere una condotta restrittiva, un domani, quando sarà celebrato il processo, Milan e Inter potranno dimostrare di aver fatto il possibile per impedire la continuazione di una condotta comunque antigiuridica, seppure non più penalmente rilevante (il bagarinaggio è punito con una, seppur pesante, sanzione amministrativa pecuniaria). Un'altra misura presa dai club è, infatti, il divieto di cessione a terzi dei diritti d'ingresso allo stadio nei settori (curve verdi e blu) rispettivamente occupati dalle frange più calde dei tifosi nerazzurri e rossoneri, creando un ulteriore ostacolo a questa pratica. Dall'apertura dell'inchiesta, le curve milanesi sono state messe sotto pressione anche dall'autorità di polizia sotto l'aspetto della prevenzione e della pubblica sicurezza: controlli e divieti sugli striscioni, con tanto di divieto di utilizzare la vecchia denominazione (Curva Nord Milano, Curva Sud Milano), sulle bandiere eccetera. Ma non è finita, visto che c'è anche una protesta da parte degli ambulanti che vendono cibo e magliette fuori dallo stadio: la convenzione con la società che gestisce gli spazi è scaduta lo scorso 1° luglio, e si parla di condizioni di rinnovo che taglierebbero fuori i circa 22 banchi che vendono merchandising, quasi sempre non ufficiale. Le società spingono per poter operare in autonomia, usufruendo così di ottimi margini di guadagno e, soprattutto, offrendo solo prodotti certificati e originali i quali, come noto, sono molto più costosi degli altri. Insomma, si fa verso uno stadio senza cori (a volte non proprio da educande, va detto) e bandieroni, e potrebbe essere a rischio anche il mitico panino con la salamella (la luganega ticinese), l'equivalente del bratwurst da stadio elvetico, ma con l'aggiunta di cipolla, peperoni e salse a scelta: una vera festa del colesterolo ma parte del rito, spesso legato a questioni scaramantiche. Tuttavia, la questione ultras è quella più complessa: sono in molti, infatti, a chiedersi se ci saranno passi ulteriori da parte delle due curve. Affaire à suivre, dunque.