CALCIO ITALIANO
All'altro capo del mondo
Pubblicato il 13.09.2025 07:36
di Silvano Pulga
Il calcio, si sa, è un mondo tradizionalista. Prima dell'avvento delle televisioni, erano in diversi a dire che, in un mondo caratterizzato da cambiamenti di tutti i generi, l'unica certezza era il campionato di calcio, con i suoi orari fissi e le sue liturgie immutabili. Com'è andata a finire, lo sappiamo; ma, ormai, facciamo l'abitudine a tutto, anche se non è chiaro che questo sia davvero una buona cosa. Ma tant'è. 
L'ultima frontiera (per ora) da superare è il giocare all'estero partite dei campionati nazionali. Complice la globalizzazione, dopo aver esportato l'insipida Supercoppa nella penisola arabica, Liga spagnola e Serie A italiana vorrebbero sbarcare oltreoceano, a caccia di spettatori televisivi in mercati ancora non del tutto esplorati. E così, il Barcellona chiede di disputare la partita col Villareal a Miami, mentre Milan e Como (non a caso due club di proprietà extraeuropea), complici le Olimpiadi invernali senza neve di Milano, con San Siro impegnato per la cerimonia di apertura dei Giochi olimpici, vorrebbero giocare la loro sfida in Australia.
In Spagna, a opporsi sono gli altri club, col Real Madrid capofila. Conoscendo la forza mediatica dei Blancos, conosciuti ovunque nel mondo, e quindi teoricamente interessati a questo esperimento, è il sintomo che ci sia ancora molto da discutere su questo tema, al netto dello scarso interesse del pubblico statunitense rispetto al recente mondiale per club, con i biglietti per gli stadi offerti a prezzi di saldo. Nonostante le parole del presidente della Lega di Serie A Simonelli ("Giocare la prima di campionato negli States sarebbe un sogno"), la questione è controversa. Le aspirazioni della Lega sono al contrario un incubo per la grande maggioranza dei tifosi della vicina Penisola (e non solo, diciamolo), per i quali la simbologia della squadra del cuore, il rito della trasferta eccetera restano ancora valori importanti.
La UEFA, chiamata a esprimersi, ha scelto di non farlo. Il messaggio è che esiste un prezzo per tutto, e che a farlo debbono essere gli attori protagonisti. Milan-Como, al netto dei lamenti dei vertici societari rossoneri, appoggiati dal citato Simoncelli ("Non è un capriccio, ma un'esigenza") è un problema facilmente risolvibile con un turno infrasettimanale il mese successivo (entrambe le squadre non sono impegnate in Europa) o con l'inversione di campo. Il resto sono scelte che, alla lunga, possono non essere così convenienti: coi sentimenti non si gioca. Sono questi ultimi, infatti, a guidare le nostre scelte antieconomiche. E il calcio è proprio una di queste.