Lo sport parte
dall'agonismo e finisce nella narrazione. Il calcio, poi, rappresenta
un magnifico spaccato che sconfina nel sociale, e fornisce spunti e
temi per un grande e interminabile racconto. È sabato mattina.
Endorfine, il festival culturale che si sta tenendo a Lugano, ha deciso
di ospitare un 'personaggio', era un buon difensore, ora è
diventato un comunicatore che vede la porta e la centra spessa.
Daniele 'Lele' Adani è arrivato in Ticino ed è stato
intervistato da Luca Sciarini, giornalista poliedrico e
direttore del sito: contropiede.ch, ci sono state anche
domande poste dal pubblico, che ha affollato la sala. Capelli lunghi
e fluenti ancora neri, barba curata e bianca, Adani
si pone con una postura di chi intende proporre una visione, una
filosofia. Il colloquio è stato cordiale e stimolante, il nostro
disquisirebbe per ore, è aperto verso l'altro, si esprime con un
tono pieno di motivazione, vuole trasmettere passione. Lo dichiara:
“Devo tutto al calcio, ho realizzato un sogno. Sono un
fortunato, sono a Lugano davanti alla gente”. La sua carriera è
finita, e ancora grazie al calcio eccolo di fronte a persone che lo
ascoltano, e sono concentrate sulle sue parole; lo applaudono e sono
attente ai suoi pensieri e alle sue riflessioni. Il pubblico è
eterogeneo, e gradisce. Lui avrebbe continuato con i suoi discorsi, i
presenti avrebbero voluto porre domande su domande. E l'incontro è
filato via, mantenendo le promesse. Adani
non si è sottratto, alla fine, a una stretta di mano, a una foto.
Per lui conta il calcio della 'gente',
il clima di cui si compiace è quello di uno spogliatoio di una
squadra di periferia e di categoria inferiore, dove si respira la
vita: quella normale e ordinaria, ma piena di 'valori'.
(foto tipress.ch)