CICLISMO
Tutta colpa della sella
Pubblicato il 29.09.2025 06:45
di A. L.
Nel ciclismo siamo in piena era Pogacar. Esiste un atleta capace di esercitare un dominio quasi assoluto, con lui in gara il risultato pare sempre scontato. Lo sloveno è già leggenda, le sue vittorie vanno oltre la storia. Ma lo sport è un grande romanzo popolare, e il mondo delle due ruote pretende di essere raccontato. La narrazione del primo Mondiale africano, che ha proposto un percorso duro e difficile, pencola tra il destino e il fato. E il protagonista che voleva essere tale è Remco Evenepoel. Il belga nella cronometro aveva quasi dileggiato Pogacar, raggiunto e staccato. Una sorta di lesa maestà. La prova su strada è finita, ecco Evenepoel seduto contro una transenna, testa tra le mani, e, probabilmente, qualche lacrima a rigare il giovane volto. Un pianto lieve, sconsolato e triste. Dopo lo scoramento è arrivata la spiegazione. È stata tutta colpa di una sella. Era finito in una buca; la sella si era abbassata; una postura sbagliata e ha avuto i crampi; cambio bici tardivo. E quando Pogacar ha sferrato l'attacco decisivo, mancavano oltre 100 km al traguardo, i dolori alla schiena, anche a causa degli infortuni passati, gli hanno impedito di rispondere. Si è ripreso, le gambe hanno cominciato a girare di nuovo, ha tentato una rimonta disperata, ma è stato tutto vano. Fine della corsa e immane senso di frustrazione. Sfortuna? Imperizia? Poco importa. È il ciclismo, è la strada che riflette uno splendido spaccato di vita, è foriera di emozioni e sentimenti contrastanti. E poi c'è Pogacar, che quando scappa via e impossibile riprendere. Ma Evenepoel tenterà ancora, sente di potercela fare, lo dichiara e ci crede.  Le sue parole sono una promessa e una minaccia. Non finisce qua.