Le spalle erano girate
alla porta. Ha sentito il boato del pubblico. “L'ha parato?”,
ha domandato. “No, alto” ha risposto il suo vice. Allegri,
sconsolato, ha commentato: “Gli avevo detto di calciare di
collo”. Pulisic poteva portare il Diavolo quasi in Paradiso, ma
il suo tiro dal dischetto è stato inguardabile. Poi è entrato Leao
e il Milan ha continuato a sprecare. Il portoghese ha preso a correre
a suo modo. Ha avuto tra i piedi due clamorose occasioni, ma le ha
malamente sciupate. Leggerezza? Superficialità? Imperizia? Mancanza
di grinta? Questo è da tempo Leao. Sarà un grande incompiuto,
nonostante il milanismo lo elevi a fuoriclasse. Cosa resta di
Juve-Milan? È stata una partita a tratti noiosa e ai limiti dello
scialbo. Le squadre erano votate a un chiaro e unico comandamento:
primo non perdere; contando sull'errore dell'avversario. L'unico
capace di illuminare il gioco è un croato di 40 anni, e la forza di
Modric mostra la debolezza tecnica e agonistica del campionato
italiano. Ma il Milan ne esce rinfrancato, le trasferte a Torino,
sponda bianconera, sono sempre insidiose. Allegri ha trovato la
quadra: la difesa è solida, si gioca in ripartenza, un tempo si
parlava di contropiede. La stampa lo osanna, ora è tutto un
tripudio. La Juve è alla ricerca di un'identità, che probabilmente
non troverà mai. Il centrocampo è troppo muscolare, manca fosforo.
Yildiz e Conceicao sono leggerini e vanno a strappi. E il suo
migliore attaccante, Vlahovic, parte dalla panchina.
CALCIO ITALIANO
Diavolo di un Leao, entra e sbaglia