Luca Cereda non è più l’allenatore dell’Ambrì. Dopo l'accaduto degli scorsi giorni era inevitabile. La fine di un lungo ciclo tra alti (qualifica alla CHL e vittoria alla Coppa Spengler ad esempio) e bassi. Il nativo di Sementina ha segnato un’epoca sportiva per il club biancoblù ed entra di diritto nella storia della società. Peccato che sia finita in questo modo, nel peggior modo possibile, con la gestione dei vertici della società che ha lasciato molto a desiderare, come ha onestamente ammesso il presidente Filippo Lombardi che si è in sostanza accollato la colpa durante la conferenza stampa "di commiato" e ha rimesso il suo mandato. La sensazione è che si sia ripetuto un po' quanto è successo ad Arno Del Curto a Davos. Si è perso il momento giusto per una separazione ideale. Così va la vita, il coach ha pagato anche il difficile inizio di stagione. Meglio una fine dolorosa che un dolore senza fine. Ora l’ex numero 16 potrà riflettere, ricaricare le batterie prima di ripartire per una nuova sfida. Già, perché la fine di qualcosa coincide con l’inizio di nuove possibilità. Cereda si è fatto una buona reputazione grazie al suo valido lavoro nel corso degli anni e non avrà particolari problemi a trovare un nuovo challenge professionale. I tifosi devono avere tanta riconoscenza e gratitudine nei suoi confronti per il tanto lavoro svolto in condizioni non sempre facili. Sarà strano dopo 9 anni non vederlo più in panchina e non attenderlo più all’uscita dello spogliatoio.
Lo stesso discorso vale per Paolo Duca. Il direttore sportivo si è fatto in quattro durante questi anni. Dedizione, serietà e un’immensa passione. Sono stati questi i suoi ingredienti. Ha ricoperto mansioni che vanno oltre a quello del “semplice” direttore sportivo. Riempire il vuoto lasciato da “Duke” sarà durissimo se non impossibile. La sua perdita è ben più grave di quella dell’allenatore. Il suo ruolo da direttore sportivo è in effetti molto più complesso rispetto a quello del coach. A corto termine non dovrebbe essere un problema, ma a lungo termine lo sarà. Il più grande merito dell’ormai ex diesse è stato quello di avere riportato l’ordine e una cultura all’interno del club. Anche per lui non sarà un problema restare nel mondo del disco su ghiaccio se lo vorrà. Rischierà addirittura di avere l’imbarazzo della scelta in merito a funzioni e destinazione, ed è giusto così. Le sue sclerate piene di passioni in tribuna stampa mancheranno.
Lo stesso discorso vale per Paolo Duca. Il direttore sportivo si è fatto in quattro durante questi anni. Dedizione, serietà e un’immensa passione. Sono stati questi i suoi ingredienti. Ha ricoperto mansioni che vanno oltre a quello del “semplice” direttore sportivo. Riempire il vuoto lasciato da “Duke” sarà durissimo se non impossibile. La sua perdita è ben più grave di quella dell’allenatore. Il suo ruolo da direttore sportivo è in effetti molto più complesso rispetto a quello del coach. A corto termine non dovrebbe essere un problema, ma a lungo termine lo sarà. Il più grande merito dell’ormai ex diesse è stato quello di avere riportato l’ordine e una cultura all’interno del club. Anche per lui non sarà un problema restare nel mondo del disco su ghiaccio se lo vorrà. Rischierà addirittura di avere l’imbarazzo della scelta in merito a funzioni e destinazione, ed è giusto così. Le sue sclerate piene di passioni in tribuna stampa mancheranno.