HC AMBRÌ PIOTTA
Duca: le cuffie, Ravenna e lo zione.
Pubblicato il 14.10.2025 12:35
di Marco Maffioletti
Il weekend è ormai da tanto alle spalle. È stato il primo senza Paolo Duca al seguito dell’Ambrì. È stato stranissimo sabato alla Swiss Life Arena non vederlo a qualche metro alla destra della nostra postazione di commentatore. Lui, solitamente con le cuffiette e la proverbiale grinta, come quando scendeva sul ghiaccio. Nei momenti “vuoti” del match mi è capitato di lanciare uno sguardo verso lo staff biancoblù in tribuna stampa, ma niente, Paolo non c’era per davvero. Non sarà evidente abituarsi a ciò. Già, perché incontrare il “Duke” era ormai una piacevole tradizione. Prima di ogni sfida dai suoi occhi trapelava quell’energia, quell’adrenalina positiva di chi vive per l’hockey e per il suo lavoro. Le cuffiette sono state il suo marchio di fabbrica in questi lunghi anni da direttore sportivo. Già all’inizio del suo mandato, nel lontano 2017 ai mondiali di Parigi. Il neo diesse sembrava un agente di un call-center, al di fuori delle partite della Nazionale trascorreva il suo tempo al cellulare a comporre i pezzi di un mosaico che era andato a catafascio in sostanza e doveva essere ricomposto. Roba da fare concorrenza a Ravenna, la capitale dei mosaici. Il rapporto con lui non è sempre stato idilliaco, specialmente all’inizio del suo percorso. Odiava gli spifferi di mercato e lo esprimeva senza filtri. Quando doveva sclerare te lo faceva per direttissima, in faccia o al telefono. Il suo grande pregio? Oltre che l’onestà il fatto di non essere rancoroso. Diceva la sua, si sfogava e poi amici come prima. Uno di altri tempi insomma, uno che non aveva bisogno di aggirare gli ostacoli o di rifugiarsi dietro a un messaggio. Quando riteneva che fosse necessario ti chiamava. Avete in mente il telefono di Paperino che squilla in modo strano quando lo Zio Paperone lo contatta? E la conseguente reazione del nipote? Ecco, pure la mia era un po’ così quando appariva il suo nome dalla rubrica del mio telefonino: “guai in vista, chissà che ho combinato”. Duke mangiava, beveva e viveva HCAP, non aveva orari, non esistevano giorni di festa. Nessuno è insostituibile, così recita un vecchio slogan. Sarà anche vero, ma mai come in questo caso mi sento in diritto di mettere in dubbio che sia veramente così. 
(Foto Ticishot-Simone Andriani)