CICLISMO
Tadej Pogačar annoia?
Pubblicato il 16.10.2025 07:39
di Silvano Pulga
A stagione ciclistica praticamente chiusa, si può tirare qualche primo bilancio. Uno riguarda il campione del mondo Tadej Pogačar: nel 2023, per dire, Remco Evenepoel aveva fatto, nel Giro di Lombardia, sulle medesime asperità, tempi peggiori: quindi, è cresciuto. Ma, evidentemente, non basta. Lo sloveno ha espresso, al campionato europeo, una potenza di 7,3 watt per chilo, veramente un'enormità. A dimostrazione che non è vero che gli altri siano scarsi, ma che è Tadej ad andare veramente più forte di tutti.
Remco ha detto che ci proverà, ovviamente, nel 2026, con la nuova squadra, la Red Bull–Bora–Hansgrohe. Per farlo, ha però deciso di non cambiare il proprio staff: va capito se questa scelta possa essere o meno quella giusta, e se riuscirà a colmare il gap che lo divide dal rivale. Tra l'altro, in ottica corse a tappe, c'è anche Jonas Vingegaard in grado di creare qualche grattacapo, a lui e non solo.
Quello che si diceva in sala stampa, sabato, era che il dominio di Tadej Pogačar, alla lunga, potrebbe stancare, e togliere interesse alle corse. Può darsi: però, a giudicare dalle migliaia di persone presenti sul percorso del Lombardia, e non solo all'arrivo, visto che i corridori, in cima alle ultime salite, dovevano passare attraverso due ali di folla in modalità Giro d'Italia o Tour del France, non sembrerebbe. Nella realtà dei fatti, la corsa di sabato ha visto attacchi sin dalle prime fasi, e un tentativo in solitaria di Quinn Simmons a 80 km dall'arrivo, a dimostrazione che c'è chi ci prova, facendo comunque spettacolo, che è ciò che conta per il pubblico. Dopodiché, vale la pena di riflettere sulle parole di Renzo Oldani, che abbiamo raccolto al termine della Tre Valli Varesine, la settimana scorsa: il ciclismo vive della sua storia, fatta di persone ma, soprattutto, di luoghi. Ci sono località, percorsi e salite dove è stata scritta la storia di questo sport, dove si sono cimentate, nei decenni, generazioni di corridori, e che costituiscono la pietra di paragone utilizzata dagli appassionati, anche se a Tadej Pogačar questo tipo di discorso non piace. 
A modo suo, lo sloveno ha ragione: paragonare il ciclismo di ieri è oggi non è sempre corretto visto che nella nostra epoca, per esempio, nessun corridore perderebbe una gara per una crisi di fame, come accadeva nel secolo scorso, così come sono diversi i materiali e i metodi d'allenamento. Però, si possono portare magari in Malesia i corridori, ma non la magia del Gavia, dello Stelvio, del Poggio di Sanremo, dell'Izoard o di tante altre località leggendarie. Ci saranno sicuramente, in altri luoghi sparsi per il mondo, percorsi tecnici anche più performanti di quelli classici. Però, separare le gare da un loro habitat così identitario potrebbe essere un errore nella promozione di uno sport dove, non dimentichiamolo, non si paga il biglietto per assistere alle corse. Ma dove i costi, invece, continuano a crescere.