Per prima cosa, non bisogna guardare la squadra prima in classifica
della Serie A: è l'Inter di Chivu ad aver dato un segnale fortissimo
al massimo campionato italiano. Andare a vincere a Roma non era certo
scontato, e farlo in quel modo è un messaggio chiaro per tutti: i
milanesi ci sono, hanno delle seconde linee di spessore a differenza
dello scorso anno, quando serve, sanno soffrire e, perché no, sono
stati guardati favorevolmente da Eupalla. A Napoli, il prossimo fine
settimana, andranno per vincere, contro una compagine che ha fatto
vedere qualche crepa, tornando da Torino sponda granata a mani vuote.
E, se dovesse succedere, a quel punto i milanesi non si potranno più
nascondere. Certo, ci vorrà l'intelligenza e l'umiltà di far
giocare in Europa i rincalzi, puntando sul bersaglio grosso tra i
propri confini; ma questa, è un'altra storia. Il Como lo
conosciamo bene, visto che di partite al Sinigaglia, quest'anno, ne
abbiamo viste parecchie. Logico che i tifosi facciano festa grande
per una vittoria di prestigio che mancava dal secolo scorso;
tuttavia, che i lariani edizione Cesc Fàbregas (ieri in tribuna per
squalifica) siano oggi una realtà in grado d'imporsi sulla Juventus
di quest'epoca, è un dato di fatto, e può stupire solo a livello
sentimentale. Non c'era riuscito il Milan, perché al Diavolo manca
l'attaccante in grado di fare la differenza; Nico Paz, invece, è un
giocatore che, in questa Serie A, sa inventarti due colpi che ti
fanno portare a casa i 3 punti. Chiunque ci sia di fronte. E
il Milan capolista? Per ciò che abbiamo visto dalla tribuna di San
Siro, va detto che i rossoneri hanno fatto di più della Fiorentina,
e che la vittoria ci sta. Tuttavia, i buchi nella campagna acquisti,
che avevamo denunciato a suo tempo, sono emersi di prepotenza. C'è
voluto un rigore generoso per regalare ai ragazzi di Allegri 3 punti
non certo scandalosi (e, del resto, qualche settimana fa non erano
bastati due falli su Nkunku per convincere arbitro e VAR a concedere
la massima punizione ai rossoneri). C'è però rabbia, da parte dei
toscani, a fine partita, per il rigore che ha deciso l'incontro. A
parlare è stato il direttore sportivo Pradè, che si è assunto
tutte le responsabilità del momento difficile della Viola, mandando
in sala stampa l'allenatore Stefano Pioli dopo di lui. Al netto delle
critiche sull'operato dell'arbitro Martinelli, che ci stanno, l'unico
tiro in porta dei suoi è stato quello in occasione del gol del
vantaggio, nato da una serie di topiche da Museo degli Orrori da
parte della retroguardia avversaria: troppo poco, oggettivamente.
Stefano Pioli si è detto fiducioso, davanti ai numerosi colleghi
toscani, di riuscire a risollevare la baracca, mentre, dopo di lui,
un serafico Max Allegri ha detto che si limita, invece, a prendere
nota dei punti di vantaggio sulla quinta in classifica. I favoriti
per festeggiare, a maggio, abitano su un'altra sponda del Naviglio.
CALCIO ITALIANO
Comanda Allegri