Terza giornata di
Champions: 9 partite disputate e 43 gol segnati, una media di quasi 5
reti a partita. Un diluvio, una valanga di marcature. Prima Annibale
Frossi e poi Gianni Brera (erano gli anni Sessanta e Settanta), da
buoni italiani, sostenevano che lo 0-0 fosse il risultato perfetto,
frutto di pochi errori e di un perfetto equilibrio tra attacco e
difesa. Sono tempi andati. Ma il Belpaese, talvolta, resiste
strenuamente: nell'ultima giornata di campionato sono stati messi a
referto solo 11 gol, record negativo da quando la Serie A è a 20
squadre. In Europa, nelle altre leghe e in Champions, si suona
un'altra musica. Pronti via e tutti all'attacco con ritmo e velocità.
La porta avversaria diventa l'orizzonte dove arrivare. E non ci si
ferma, non ci si accontenta. Il Barcellona ne ha fatti 6 come il Psv,
il Psg addirittura 7, l'Arsenal e l'Inter 4. Si dilaga, l'avversario
deve essere annichilito e dominato. È lo spettacolo del football del
terzo millennio, il nuovo spettatore non si deve annoiare, pretende
l'emozione della rete che si deve gonfiare, ma più di una volta.
Poco importa che ci siano lacune tattiche o svarioni individuali.
L'urlo di un solo gol non basta. La felicità è un desiderio di
ripetizione, si desidera rivivere sempre una stessa esperienza. Lo
scriveva Milan Kundera.
CHAMPIONS LEAGUE
È la Champions e non è la Serie A