Sinner non è italiano. È
colpevole. Ha opposto il gran rifiuto: non intende rispondere alla
convocazione per la Coppa Davis. Autorevoli giornalisti si sono
scagliati contro: Corrado Augias; Aldo Cazzullo; Francesco Merlo;
Bruno Vespa che in un post è stato capace di chiamare Alcaraz
Alvarez. L'assunto è chiaro: lo sport è la rappresentazione
dell'identità nazionale con altri mezzi. L'accusa mostra prove
evidenti: parla tedesco; risiede a Montecarlo. Il verdetto è
inappellabile e non sono ammessi ricorsi. Sono tempi in cui non
esiste il ragionamento, esistono opinioni che sono certezze, esistono
pensieri che sono verità. Il dibattito è specioso e appartiene al
passato. Sinner è un campione di alto livello. Non vuole essere un
simbolo, vuole giocare a tennis, vuole vincere, vuole essere un
esempio come atleta, vuole essere un testimone sportivo. La questione
è attinente all'identità, alla manifestazione di appartenenza alla
Nazione. E anche nello sport questo assioma è indiscutibile. L'inno
parte e i calciatori lo devono cantare a squarciagola, la mano deve
essere posta sul petto e sul cuore. Lo sportivo deve avere un
comportamento esemplare, lo si carica di una responsabilità
assoluta. Che cos'è una Nazione? Lo storico francese Renan sosteneva
che fosse un plebiscito di tutti i giorni. Ma in questo tipo di
plebiscito: Stato? Scuola? Famiglia? Comunità? Dove sono? Ma Sinner
non si preoccupi. Al prossimo Slam conquistato, tutto sarà
dimenticato. È la società dello spettacolo, tutto fluisce, la
memoria è labile, l'oblio è veloce. Il vincitore è sempre redento.
TENNIS
Sinner non è italiano?