Manuel Benavente ha sempre negato, per rispetto alla squadra che ha allenato sino all’arrivo del “sciur Beppe” (e per pochi giorni da Jersson González) l’evidenza di una squadra in gran parte da costruire. È stata, questa, una colpa sua? Forse si, a nostro modo di vedere. Eravamo soliti presenziare agli allenamenti tre o quattro volte la settimana. Ebbene, Manuel mostrava tanta padronanza e tanta sicurezza nel suo modo di lavorare. Il suo impegno non è mai stato messo in discussione. Il rendimento della squadra invece sì. Una sua colpa? Pensiamo di no. Non è una questione di varianti tattiche (e nemmeno tecniche). Benavente ha cercato di cambiare più volte il modulo, ma la squadra è quella che è. Ora deve lottare per evitare la retrocessione e non per il vertice del campionato come aveva “strombazzato” il nuovo patron. Al “paracadute” ci deve pensare Sannino. Vedremo. Siamo giunti alla tredicesima giornata e la squadra non riesce ancora a carburare. È colpa dello spagnolo? Il Bellinzona è più debole dell’anno scorso, non stiamo qui a rivangare il mercato che lo ha privato di giocatori fondamentali (pensiamo soprattutto in mezzo al campo, ma anche in difesa e in attacco: basta guardare le reti segnate e quelle incassate). Un’operazione che ha tolto personalità alla squadra e allo stesso allenatore, impossibilitati a mutare rotta. Trujillo pensava di fare grande il Bellinzona andando a “pescare” giocatori in Colombia. Il risultato lo si è visto.
A noi dispiace che Benavente sia obbligato a lasciare Bellinzona. Non solo una squadra che ha saputo dirigere con grande professionalità nonostante i “giochetti” interni. Andava bene solo perché è in possesso del diploma UEFA Pro? Ieri (martedì) ha assistito per l’ultima volta all’allenamento di quella che comunque è stata in questi anni la “sua” squadra. Esce di scena signorilmente, evidentemente dispiaciuto di lasciare una regione (la Svizzera di lingua italiana) di cui si è, lo possiamo dire tranquillamente, innamorato. Un po’ del suo cuore rimane qui, un altro po’ se lo porta in Spagna. In mattinata un ultimo incontro in via Codeborgo, dove stava di casa, con un altro ex: Paolo Gaggi. Gli potrebbe bastare una tazza di buon caffè per superare i grandi dispiaceri provati, da entrambi, con l’ACB…
Benavente un sassolino prima di andarsene se lo vuole comunque togliere dalla scarpa. Preferisce non parlare di Bentancur! Per contro esalta Mario Rosas: “Un grande amico, un uomo di grande fiducia che sta dando una mano anche al nuovo proprietario”. Dice molto bene anche di Juan Carlos Trujillo: “Una gran brava persona, è lui che mi ha voluto in panchina anche questa stagione. Sono grato anche a Tito (il DS Alberto Spinelli) che mi ha sempre sostenuto e incoraggiato. Come pure ad Andy Schär, una persona dai modi molto cortesi”.
Dei ragazzi cosa dice? “Un gruppo fantastico, ho sempre creduto in loro, sono sicuro che hanno davanti ampi margini di miglioramento”. Rammaricato o amareggiato di doversene andare? “Ma no, il mondo del calcio è fatto così. Non sono qui a piangermi addosso, non mi sono mai lamentato”. Però è un po’ di amarezza c’è : “Beh, il Ticino e la Svizzera sono posti meravigliosi. Bellinzona mi è piaciuta moltissimo anche come città, per la sua gente cordiale e tranquilla. I tifosi mi salutavano con calore anche fuori dallo stadio”. Via per sempre? “Eh no, preferirei non rispondere a questa domanda!”. Un suo ritorno non è dunque da escludere? (Sorride): “Mai dire mai!”. Sa già che lavoro l’attende in Spagna? “Al momento no, sono in stretto contatto con Mario che farà di tutto per stupirmi ancora una volta”. Ci tiene molto a sottolineare questa sua relazione professionale: “Sì, è così: Rosas è una grande persona e un grande amico”.
Criticato qualche volta dai media, anche in modo gratuito o comunque eccessivo (vedi il rendimento della squadra cui abbiamo accennato), non ha però risentimenti: “Preferisco mettere i puntini sulle “i” dicendo che ognuno deve prendersi le sue responsabilità”.
Chapeau.
Dei ragazzi cosa dice? “Un gruppo fantastico, ho sempre creduto in loro, sono sicuro che hanno davanti ampi margini di miglioramento”. Rammaricato o amareggiato di doversene andare? “Ma no, il mondo del calcio è fatto così. Non sono qui a piangermi addosso, non mi sono mai lamentato”. Però è un po’ di amarezza c’è : “Beh, il Ticino e la Svizzera sono posti meravigliosi. Bellinzona mi è piaciuta moltissimo anche come città, per la sua gente cordiale e tranquilla. I tifosi mi salutavano con calore anche fuori dallo stadio”. Via per sempre? “Eh no, preferirei non rispondere a questa domanda!”. Un suo ritorno non è dunque da escludere? (Sorride): “Mai dire mai!”. Sa già che lavoro l’attende in Spagna? “Al momento no, sono in stretto contatto con Mario che farà di tutto per stupirmi ancora una volta”. Ci tiene molto a sottolineare questa sua relazione professionale: “Sì, è così: Rosas è una grande persona e un grande amico”.
Criticato qualche volta dai media, anche in modo gratuito o comunque eccessivo (vedi il rendimento della squadra cui abbiamo accennato), non ha però risentimenti: “Preferisco mettere i puntini sulle “i” dicendo che ognuno deve prendersi le sue responsabilità”.
Chapeau.
(Foto ENLA)