AUTOMOBILISMO
La Rossa conquista il mondiale WEC
Pubblicato il 10.11.2025 07:20
di Silvano Pulga
Numerosi studi e articoli ci dicono che, nei giovani occidentali, la soglia d'attenzione è molto bassa. E, così, delle corse in macchina che durano 6 ore (o 24, come a Le Mans), non potrebbero interessare la "Generazione Z". Abbiamo una figlia di quell'età e, in effetti, la vediamo disinteressata da tutto ciò che è legato ai motori anche se, va detto, quando ci ha accompagnato a Monza, qualche anno fa, proprio a vedere una sessione di prove libere della 6h WEC, ci è apparsa quanto meno incuriosita. La passione, ovviamente, è un'altra cosa; tuttavia, neppure sua madre, che è della nostra generazione, guarda le corse in televisione anche se, da giovane, qualche fine settimana a Monza, per il Gran Premio a settembre, lo ha trascorso. La premessa era doverosa perché, nel celebrare la vittoria, al termine dell'ultima gara in Bahrain, dopo 53 anni, della Ferrari in quello che nostro padre ci aveva insegnato a chiamare "Mondiale Marche"  per distinguerlo dalla Formula 1, dove invece correva il nostro idolo d'infanzia Clay Regazzoni (il quale, va detto per i più giovani, qualche gara con macchine dalle ruote coperte l'aveva fatta, vincendone più di una), ci ha lasciato perplessi (e dispiaciuti) il bassissimo clamore mediatico per un'affermazione che, invece, nel secolo scorso avrebbe avuto una eco paragonabile a quelle che arrivavano nella Formula regina. Questa, a dispetto del disinteresse del mainstream, è invece una vittoria di spessore e da celebrare, ottenuta in un campionato estremamente complesso dal punto di vista tecnologico (BoP, auto ibride, durata, avvicendamento dei piloti in gara, rifornimenti e chi più ne ha più ne metta), da piloti completi, anche se magari sfortunati quando si sono affacciati in Formula 1 (il nostro Sébastien Buemi, per esempio, che con la Toyota ha ottenuto, negli anni scorsi, vittorie di tutto rispetto).  Alessandro Pier Guidi, James Calado e Antonio Giovinazzi hanno così ottenuto quel mondiale che, 53 anni fa, venne vinto da Jacky Ickx, Mario Andretti, Ronnie Peterson, Arturo Merzario, Tim Schenken, Brian Redman, Sandro Munari e, ovviamente, Clay Regazzoni. Premessa: nel secolo scorso, a differenza di oggi, il titolo piloti non c'era, e quindi quello del ticinese, assieme ai compagni d'avventura, resta una vittoria virtuale, ottenuta con la Ferrari 312PB, della quale un modello fa bella mostra di sé nella nostra vetrinetta di casa, al fianco di tante altre monoposto condotte, in carriera, dal nostro portacolori. Un mondiale dicevamo, ottenuto partendo pochi anni fa dallo schermo bianco di un computer, misurandosi con scuderie del calibro di Toyota, Porsche, Cadillac, BMW, Alpine, Peugeot e Aston Martin, con giapponesi e germanici molto più avanti dal punto di vista dell'esperienza e dell'engineering specifico. Entusiasta John Elkann: "A emergere è stata soprattutto la forza di una squadra che ha saputo lavorare come un corpo unico, affrontando le tante difficoltà del campionato Endurance sempre con umiltà e voglia di imparare e migliorare sempre”. Il resto si chiama Antonello Coletta, coadiuvato da uno staff di spessore, che va dal direttore tecnico, Ferdinando Cannizzo, alla gestione precisa sulle piste del team AF Corse di Amato Ferrari. Ora, finiti i festeggiamenti, non bisognerà però commettere l'errore di trasportare a forza questi personaggi in Formula 1. Sono, infatti, mondi differenti. Dopodiché, si tratta di uomini capaci anche di accettare nuove sfide. Quindi, aspettiamo e vediamo: ma ora, per favore, lasciateci chiudere gli occhi, pensando a nostro padre e a Mauro Forghieri, di sicuro a festeggiare da qualche parte, con un bicchiere di lambrusco, dopo aver fatto la punta a un salame di quelli giusti. E chissà che non si sia unito anche Clay Regazzoni.  
(foto S. P.)