La cosa che ci ha toccato di più, al fischio finale di
Italia-Norvegia, è stato il deflusso del pubblico di casa
(tantissimi i bambini presenti, tra l'altro): dopo le contestazioni
avvenute in Moldavia, pensavamo che anche San Siro avrebbe ruggito.
E, invece, a prevalere è stata la rassegnazione: i tifosi italiani
hanno lasciato lo stadio con tranquillità, ascoltando quasi con
simpatia i circa 7.000 norvegesi che cantavano, senza lamentarsi per
la prestazione della loro nazionale. Certo: qualche fischio è
arrivato, ovviamente. Ma la contestazione è finita lì. Gli stessi
avevano assistito a una partita dai due volti. Noi, però, saremmo
meno ottimisti di Rino Gattuso, che ha valutato molto positivamente
il primo tempo dei suoi. La sensazione, a nostro parere, valutando
invece tutti i 90' più recuperi, è che i norvegesi abbiano iniziato
contratti (il gol di Pio Esposito è stato, primo di tutto, una sorta
di museo degli orrori della retroguardia scandinava) e poi, nella
ripresa, abbiano giocato il loro calcio, fatto di fisico, intensità
e, per quanto riguarda alcuni elementi, di piedi buonissimi. La
realtà è che la nazionale azzurra va in apnea quando i ritmi si
alzano: nel secondo tempo, gli ospiti arrivavano quasi sempre primi
sulle seconde palle, si facevano trovare smarcati, cercavano ( e
vincevano) gli uno contro uno, oltre a fare densità nella metà
campo avversaria (spesso, invece, nella prima frazione, li abbiamo
visto sovente dietro la linea della palla). A fine gara, il
selezionatore azzurro ha fatto i complimenti agli avversari: "Sono
forti, hanno meritato. Hanno un giocatore che, tocca un pallone in
60' e butta giù la porta, non sempre sono bellissimi da vedere ma
credono in quello che fanno, e ti mettono sempre in difficoltà",
e, sulla situazione dei suoi, ha sottolineato la necessità di
cambiare atteggiamento mentale: "Ci siamo spaventati a inizio
ripresa, quando hanno fatto il primo tiro in porta: dobbiamo
migliorare sotto questo aspetto, abbiamo lasciato troppo campo da
subito nel secondo tempo, e non è stato per una questione fisica".
Rino Gattuso, poi, in vista delle sfide decisive di marzo, chiede di
poter vedere i suoi qualche settimana prima: "Le
conosciamo tutti le finestre, ci sarebbero due date a febbraio per
dire. Tuttavia, credo che non ce le daranno mai, perlomeno tutte e
due. La verità, bisogna dirlo, è che le chiacchiere non bastano
più". Le chiacchiere, appunto. Ne sono state fatte
troppe: sul girone sudamericano, sull'Africa e altro. La realtà è
che, nel calcio, solo il pallone ha diritto di parlare. E, quando lo
fa, è per emettere sentenze inappellabili. I playoff saranno una
lotteria, ma le avversarie non sono impossibili. Solo che servirà un
diverso atteggiamento: altrimenti, quei bambini rimarranno, ancora
una volta, senza la possibilità di vivere le "notti magiche"
che hanno invece contrassegnato l'infanzia dei loro genitori.
QUALIFICAZIONI MONDIALI
È sempre una piccola Italia