Sono
passati cinque anni da quando dall'Argentina giunse la notizia che
Diego Maradona era morto. Una data tragica e dolorosa per il calcio.
Il migliore di sempre se ne era andato. Da allora si ricorda ed è
rimasta la memoria di un fuoriclasse unico e immenso. Sulla sua dipartita
probabilmente non si farà mai chiarezza. Esiste un processo: sette
medici sono accusati di non essersi presi cura del 'Dieci'. Esiste
una diatriba: tra le sue cinque sorelle e i suoi cinque figli
legittimi, che lottano per il marchio 'Diego Maradona'. Storie di
vita comune che suscitano solo tristezza. Ma agli appassionati
nessuno può rubare o deturpare la figura del calciatore. Nessuno
potrà mai mettere in campo la sua classe, il suo spirito, la sua
anima calcistica. Incarnava uno spirito magico e inesplorabile, non
c'erano spiegazioni ma solo visione. Ma era anche altro. Maradona è
stato un campionissimo che non finirà mai. La sua grandezza
oltrepassa il tempo umano, dapprima lo sfida e poi lo sconfigge: il
suo ricordo è fissato indelebile nell'immaginario collettivo. La sua
cifra stilistica rimarrà inimitabile e irraggiungibile. Il calcio
moderno è potente e atletico, corre veloce e la tecnica rischia di
diventare un residuo. La fantasia è ormai diventata un orpello, lo schema e la tattica si devono dipanare senza deviazioni. Ma il suo estro non era fine a sé stesso, impattava sulla partita. Il Pibe de Oro ha segnato
più di 340 gol in 680 partite. Quelle del Mondiale del 1986 sono
storia. Ma Maradona è stato anche un ribelle esistenziale, un
anarchico che sovvertiva il comune senso del pensare. Le sue giocate
vanno solo ancora ammirate. È apoteosi estetica. E fa sorgere una
speranza: anche il calcio può dare una parvenza all'umano che è
quasi sempre incompiuto e indecifrabile.
CALCIO INTERNAZIONALE
Il più forte di tutti i tempi