TENNIS
Io proprio io, Björn Borg
Pubblicato il 03.12.2025 06:33
di A. L.
Era una dell'Età dell'Oro del tennis (fine anni Settanta e inizio anni Ottanta). Uno era svedese, l'altro era statunitense. Borg contro McEnroe è stata una rivalità epica. Uno algido e freddo, l'altro frenetico e impulsivo. Uno portava il colpo da fondocampo, l'altro scendeva sempre a rete. Era una sfida esistenziale tra il passante e la volée. Ma la vita è molto altro, lo sport è solo un riflesso, riporta un'immagine, molto spesso solo apparente, che deve colpire l'appassionato. E la freddezza di Borg riguardava solo il campo, il resto erano emozioni e sentimenti umani e quindi pure fragilità. Vicissitudini che hanno visto il campione (vincitore di 11 Slam, si ritirò quando aveva solo 26 anni) alle prese con la droga e una malattia dolorosa come il cancro. E ha deciso di pubblicare la sua storia, ha dato alle stampe la sua autobiografia, scritta con l'aiuto di sua moglie. Per raccontarlo serviva una persona che lo conoscesse bene. Intervistato da Marca, confessa che dopo aver smesso “ho attraversato un periodo buio”, ma aveva “perso la motivazione”, il gioco esige una perfezione mentale quasi massimale. Quando pone fine alla sua carriera, non c'è più il giocatore ma l'uomo con le sue paure e con le sue debolezze. Arriva un tunnel chiamato droga: “Ho dovuto riscoprire me stesso. Mi hanno aiutato solo i miei genitori. Per reagire ho dovuto avere la stessa forza mentale di quando giocavo”. L'antagonismo con McEnroe? “Era un rapporto di amore-odio. Oggi siamo amici e ci teniamo in contatto”. Il tennis? “È uno sport in cui hai bisogno di aiuto, e io non ne avevo”. A Wimbledon contro Federer? “Roger colpirebbe la palla più forte”. E ripensando a quei tempi, spiega: “Negli anni Settanta ci sentivamo delle rock star, eravamo più che semplici tennisti”. La memoria serva a ricostruire il passato, a ricomporre fratture, a interpretare con saggezza avvenimenti controversi e laceranti. È necessaria: per continuare a procedere con una vita viva.