Alle 18, l'ora delle
nostre latitudini, il mondo si fermerà. Al John Fitzgerald Kennedy
Center di Washinghton D. C. ci sarà la cerimonia di sorteggio dei
Mondiali 2026. I grandi cerimonieri saranno Gianni Infantino e
Donald Trump, si porranno come indiscussi protagonisti e il resto
costituirà un mero dettaglio. È la competizione allargata, quella
delle 48 squadre anche se all'appello ne mancano sei. Lo spettacolo
promette di essere storico, ci saranno le esibizioni di Andrea
Bocelli, dei Village People, di Robbie Williams e tanti altri ancora.
È la continuazione di Hollywood con altri mezzi, il medium è il
messaggio e la gente deve essere stupita, con il fascino e
l'esibizione sfavillante, risplenderà l'orpello. Tutti davanti al
teleschermo per ore, la trasmissione deve passare alla storia. E
Infantino omaggerà Trump, con deferenza e ammirazione gli conferirà
il primo “Premio per la Pace Fifa”. E il Presidente si potrà
consolare, forse supererà la delusione di non essere stato insignito
del Nobel per la Pace. Calcio e politica sono da tempo un binomio
vincente, si chiama sportwashing (lo sport usato per migliorare la
propria immagine). Infantino e Trump hanno instaurato un legame che
pare indissolubile e serve a entrambi. Che cosa resta del calcio?
Caro football sei vecchio, ma piaci ancora e tanto. Hai una
grandissima forza di attrazione, la tua popolarità non conosce
orizzonti. Ma conti molto di più fuori che dentro il prato verde. E
il tifoso è una categoria destinata a diventare superflua, sarà
sostituita dallo spettatore, ossia colui che consuma l'avvenimento.
Siamo in piena Società dello spettacolo. Purtroppo.
CALCIO INTERNAZIONALE
Il Mondiale di Trump