La Coppa Intercontinentale
esiste ancora. Nella prima serata è prevista la finale tra il
Flamengo e il Psg in Qatar. Il trofeo ha cominciato la sua esistenza
nel 1960. Nel 2004 è diventato Mondiale per club. Ora si chiama di
nuovo Coppa Intercontinentale. Il Mondiale per club è diventato
l'ultima novità targata Fifa, con la cadenza quadriennale. Un
bailamme, una tradizione rimodellata secondo i canoni dello
spettacolo, all'appassionato non resta che assistere e soprassedere.
Al vecchio tifoso non resta che intristirsi, scuotere la testa e
ripensare ai vecchi tempi. La Coppa Intercontinentale per anni ha
rappresentato lo scontro tra la vincente della Coppa dei Campioni e
della Coppa Libertadores. In campo Europa contro Sudamerica, e si
parla di un albo d'oro dove sono scritti nomi come Real Madrid,
Penarol, Santos, Inter, Bayern, Flamengo. Argentina, Brasile e Uruguay che
rispondevano colpo su colpo ai migliori club del Vecchio Continente.
Partite epiche (andata e ritorno), le cronache raccontano di
autentiche battaglie esistenziali, i colpi proibiti erano la norma, e
andava in scena una palese idiosincrasia: tattica europea contro il
talento puro sudamericano. Rimane la nostalgia, un velo di mestizia.
Ma la forza del calcio deriva dal suo grande passato, che i dirigenti
attuali calpestano senza remore, ammaliati dal potere. Purtroppo. Che
cosa rimane? Che cosa ristabilisce un minimo di equilibrio? Il
fischio dell'arbitro, i 22 che cominciano a correre sul terreno
verde, il pallone che inizia a rotolare. Per fortuna.
(nella foto ritorno del
Milan dopo aver conquistato il trofeo contro l'Estudiantes, era il
1969, Nestor Combin fu pesantemente aggredito)