Si vive di misteri, almeno
così sosteneva Dostoevskij. E il tifo è un grande mistero, è una
categoria che non si può spiegare, non si può comprendere, si può
solo viverla in maniera libertaria. Il tifoso ha sogni, speranze e
ambizioni. E crede sempre, ha una totale idiosincrasia con il
realismo. Sospende ogni parvenza di logica. I nerazzurri sono di
scena in quel di Barcellona. All'improvviso è deflagrato l'interismo
pessimista. Tutto è precipitato. Una sconfitta dopo l'altra,
obiettivi che sfumano. Dileggio, quasi, generale. Ora arriva la
partita dell'anno, contro una grande squadra. I catalani sono
giovani, tecnici, veloci e scanzonati. Giocano in modo spregiudicato,
senza timori e con la convinzione di annichilire l'avversario. Lo
puntano, lo aggrediscono e lo infilano. L'Inter sembra smarrita e
spaurita. Pare stanca e debilitata. Gli esperti sono sicuri: il
pronostico è segnato. L'interista comunque approva, non mormora, non
critica, non destabilizza, non distrugge. È sollevato: la Beneamata
ha giocato, per lunghi tratti, a calcio. E ha tentato l'impresa, ha
profuso immani energie, non si è risparmiata. Ha scommesso tra lo
zero e l'infinito. E questo basta. Non c'è stata né spocchia né
sicumera, ma solo una grande sfida. E solo chi cade può risorgere.
Perché l'umano si nutre di passioni e di emozioni. Così è la vita
viva.
CHAMPIONS

Beneamata, solo chi cade può risorgere