Lo sport ha bisogno di
grandi rivalità, il duello esalta tifosi e appassionati, divide e
consente di diventare partigiani. Gli atleti di alto livello
assurgono a modelli, rappresentano sé stessi e il loro paese. Gesti
e imprese esaltano i miti. E l'epoca agonistica viene descritta,
viene raccontata, viene compresa. La narrazione costituisce un
aspetto fondamentale. A Roma, agli Internazionali d'Italia, è Sinner
versus Alcaraz. Il tennis langue, lontani i fasti del trio: Federer,
Nadal, Djokovic. Tutto sembra ordinario. Il gioco è quasi noioso.
Potenti servizi, potenti fendenti da fondocampo, condizione fisica
che deve essere ottimale. Il più talentuoso è Musetti. Il suo stile
è fantasioso, va oltre gli schemi, deve sempre oltrepassare la
fragilità. Non ci sono grandi personaggi. I media reclamano almeno
due contendenti, e fomentano potenziali idiosincrasie. Sinner è
tornato, veste di nero. L'Italia lo vuole come simbolo nazionale, ha
bisogno di un eroe quasi invincibile, lui studia per diventare
simpatico e popolare. Alcaraz ha i colpi giusti per il tennis
moderno. Ha smarrito continuità e concentrazione. Ma sulla terra
rossa è il più forte. E ha dichiarato: “Sinner? In questi mesi
non l'ho sentito. Non siamo amici, ma rivali. Lo rispetto, ma non
posso essere amico di chi voglio battere”.
TENNIS

Sinner versus Alcaraz