Sabato pomeriggio, intorno
alle 18 e 15, il Santiago Bernabeu era tutto in piedi per lui, e lo
ha osannato, gli ha reso omaggio, i madridisti lo ritengono
un'autentica icona per il club più grande e forte d'Europa e non
solo. Carlo Ancelotti ha 65 anni, ha pianto, si è fatto prendere
dalla commozione, ha sentito i brividi del sentimento e si è
lasciato andare. Sono trascorse solo poche ore, e l'italiano è già
nel nuovo mondo. È atterrato in Brasile, è arrivato a Rio de
Janeiro. Il Real è già passato, annoverato come un mero e splendido
ricordo. E deve diramare una lista, renderà noto i convocati per le
due prossime partite, il Brasile sfida il 6 e 11 giugno Ecuador e
Paraguay, valide per le qualificazione del prossimo Mondiale.
Carletto ha ricevuto un'accoglienza trionfale, il primo bagno di
folla, in testa un cappellino giallo, quasi a manifestare uno spirito
giovanile e battagliero. Razzi e bandiere hanno fatto da coreografia
alla sua camminata. Speranze e ambizioni, i dirigenti brasiliani sono
sicuri: solo Ancelotti può riportare i verdeoro a vivere antichi
fasti. Troppe le delusioni subite negli ultimi tempi, serviva uno dei
migliori, abituato a gestire, con buon senso, una situazione
complicata. Ancelotti e Brasile: che binomio, che aspettative. Ma poi
parlerà il campo, come sempre. E per fortuna.
CALCIO

L'allenatore dei due mondi