CALCIO ITALIANO
L'interismo piange Ernesto Pellegrini
Pubblicato il 31.05.2025 11:01
di A. L.
Il destino sa essere spietato contro l'umano, lo domina e ne infrange ogni pulsione e ogni sospiro. L'Inter gioca una delle partite più importanti della sua storia. Si è issata in alto, sfida pronostici, e ha deciso di illudersi, si sente ambiziosa. Ma il tempo di Ernesto Pellegrini si è fermato. È stato un grandissimo Presidente, uno di quelli che esaltano lo spirito sportivo, ma è stato capace di andare oltre, e la sua persona è diventata testimonianza di vita solidale e aperta all'altro, specie quello che ha bisogno. Era un classico ragioniere d'Italia: sognava e fondò un'impresa di ristorazione. Erano gli effimeri, voluttuari, e superficiali anni Ottanta. La società dello spettacolo prese il sopravvento. E lui nel 1984 comprò l'Inter. Sotto la sua gestione arrivarono Rummenigge, Matthäus, Brehme, Klinsmann, Diaz, Bergkamp, Berti, Bianchi e tanti altri ancora. Vinse lo scudetto dei record quello del 1988-89, due Coppe Uefa (quando valevano) nel 1991 e nel 1994. Ma nel febbraio del 1995 dovette cedere la società a Moratti. Il calcio era cambiato, intraprese la strada delle spese folli, servivano tanti soldi, troppi per lui. Ma Ernesto Pellegrini fu dopo: una Onlus rivolta ad aiutare 'i nuovi poveri', persone normali che all'improvviso sono emarginate, escluse ed espulse perché non in grado di correre e tenere i ritmi imposti da una società aggressiva ed egoista; il ristorante Ruben di Milano, capace di fornire un pasto al giorno per 400 persone, al prezzo simbolico di 1 euro. “Voglio restituire un poco del tanto che ho ricevuto dalla vita”, queste le sue parole. Questo e molto altro è stato Ernesto Pellegrini. L'Inter la amava, era un devoto della Beneamata, il nerazzurro era un soffio che gli veniva dall'anima. E così sia.