Il calcio è materia
opinabile, e questo costituisce la sua intrinseca bellezza. La
sconfitta dell'Inter è netta, senza attenuanti. A Monaco la
differenza è stata tecnica, tattica, fisica. Ma questo riguarda
esclusivamente una partita. Perché esiste uno scollamento tra la
realtà e la narrazione. I nerazzurri la finale l'hanno preparata
male: lo scudetto è stato perso maldestramente, tra polemiche, sospetti e
alibi; troppe le discussioni intorno a Inzaghi. L'Inter per alzare la
Coppa doveva essere quasi perfetta: concentrata, cattiva e fortunata.
Il risultato netto già interessa solo lo sfottò, è un mero
dettaglio, riguarda i social, è la piazza virtuale che si sfoga. Nel
digitale si esalta l'individuo, convinto di avere qualcosa da dire.
C'è un dato innegabile: un ciclo si è chiuso. Sul campo la
Beneamata ha lasciato due scudetti. La Champions era un sogno, ma per
vincerla servono numerosi incastri. Il calcio consente di ripartire,
sempre. Marotta deve decidere e non sbagliare le mosse. La posizione
del tecnico va chiarita immediatamente. Bisogna salutare e
ringraziare molti giocatori che hanno dato, ma la carta d'identità
parla chiaro. Servono forze fresche, possibilmente talenti. Una base
esiste, su quella urge puntare. Al tifoso nerazzurro resta l'amaro in
bocca di una stagione che ha illuso, ha promesso trofei, ha
portato: zero titoli. La società è soddisfatta, i conti sono
tornati e alla grande. L'interismo ha assorbito ben altre delusioni,
ma questo è il football. Il resto seguirà.
CHAMPIONS

Coraggio Inter, è solo finito un ciclo