Smaltite le emozioni della finale di Monaco di Baviera, contrastanti
sulla base della fede calcistica, da questa e dall'altra parte del
confine, si può provare a fare un primo bilancio, per l'Inter e per
il calcio italiano in genere. Va detto: dopo settimane di
esaltazione, soprattutto da parte della stampa della vicina Penisola,
letta e ascoltata anche alle nostre latitudini, la disfatta
nerazzurra dovrebbe far ritornare molti sulla Terra. Chi ci legge sa
che non siamo mai stati teneri con la Serie A la quale, a nostro
parere, è di un livello tecnico inferiore a quello di altri
campionati, come hanno dimostrato i risultati delle squadre italiane
nel massimo torneo europeo. E il bagno di sangue di abbonati persi,
nella vicina Penisola, lo dimostra, nonostante il campionato sia
stato combattuto e incerto sino all'ultimo. Paradossalmente, la
magnifica cavalcata dell'Atalanta dello scorso anno dimostra ciò che
sosteniamo da tempo: e cioè che il calcio italiano per club, quando
può competere con squadre di seconda fascia, è in grado ancora di
dire la sua. Eh ma l'Inter che va in finale, allora? Certo: ma la
partita contro il PSG dimostra che, probabilmente, se i nerazzurri
avessero incontrato un Bayern al completo, e la dea bendata non fosse
stata benevola in entrambe le sfide contro i tedeschi, probabilmente
le cose sarebbero andate diversamente. Ovviamente è solo
un'opinione: del resto, la doppia sfida con il Barcellona è stata
altamente spettacolare. Tuttavia, l'Inter ha incassato 6 gol, con i
catalani che hanno colpito due legni e il nostro Yann Sommer capace
di almeno quattro parate al limite delle possibilità di un estremo
difensore, al netto di amnesie difensive iberiche (reti prese su
palla ferma, uomini lasciati liberi di colpire nei sedici metri) che,
a certi livelli, non si dovrebbero vedere. Fatto noto (la scarsa
attenzione alla fase difensiva dei blaugrana) che ci aveva fatto
scrivere, alla vigilia, che i nerazzurri erano favoriti nel doppio
scontro. Insomma, mai come in questo caso, vista anche la dinamica
delle due partite, il confine tra impresa storica ed eliminazione (a
testa alta, ci mancherebbe) è stato davvero labile. Alcuni esteti
della Pedata hanno addirittura accusato i nerazzurri di aver loro
sottratto la possibilità di vedere una finale tra Barcellona e PSG,
cioè il meglio di ciò che possa esprimere oggi il calcio europeo,
per poi andare a scrivere la storia al contrario (nessuna squadra, in
centinaia di finali disputate nella storia del calcio, aveva mai
perso con 5 reti di scarto): un po' troppo, diciamolo. E ora? Le
statistiche ci dicono che, sabato sera, il nerazzurro più giovane in
campo a Monaco era Bastoni (26 anni). Senza voler scomodare Lamine
Yamal, che non può essere considerato come pietra di paragone, il
PSG ha schierato 6 elementi più giovani di lui, più due coetanei.
Beppe Marotta, oggi presidente dell'Inter, ai tempi della Juventus,
sosteneva che con i giovani non si vince. Non è da solo: pensiamo
alla gestione di Camarda nel Milan, per dire, e alla gestione
fallimentare di Milan Futuro. Per tutti, però, il dirigente ex
Varese è artefice di un miracolo sportivo, e come tale osannato.
Poi, certamente: per vincere servono tanti, tanti soldi. E la Serie A
non ne ha abbastanza. Però, si potrebbe provare a cambiare politica.
Anche se, va detto, i giovani promettenti li vogliono tutti, come ben
sanno anche a Lugano.
CALCIO ITALIANO

Il futuro (incerto) del calcio italiano