E così Rino Gattuso ha tenuto la sua prima conferenza
stampa: nessuna grossa novità, soltanto la solita carica emotiva che l’ex
centrocampista del Milan ha sempre messo in ogni partita.
Lo farà anche sulla panchina della nazionale italiana, che ha tanto bisogno di uno scossone, dopo gli ultimi anni al cloroformio.
Sarà meglio non aspettarsi grandi cambiamenti tattici o rivoluzioni: Gattuso, semplicemente, non è quel tipo di allenatore. La sua carriera non è lastricata di grandi successi o di partite memorabili: la sua nomina, giusto ricordarlo, è stata una sorta di “scelta della disperazione”. O meglio, l’unica scelta possibile (o quasi). Ancelotti, il miglior allenatore italiano di sempre, si è trasferito in Brasile. Cose dell'altro mondo... appunto!
Dopo il benservito a Luciano Spalletti, il presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) Gabriele Gravina, ha ritenuto, beato lui, che il problema sia soprattutto mentale. In Italia non ci sarebbe più amore nel vestire la maglia della nazionale.
Bisogna tornare, e in fretta, alla passione e alla fierezza di un tempo, quando gli Azzurri erano temuti da tutti, e non soltanto per il loro indubbio talento. Nelle nazionali italiani c’era sempre una capacità di soffrire fuori dal comune, che ne faceva un esempio per tutti. Dov’è finita?
A un esame più profondo, c’è però chi si chiede se sia davvero questo il problema dell’Italia. O meglio, se questo sia il vero male del calcio italiano.
Per Gravina, in sella alla FIGC da ormai sette anni, sembra di sì, ma per i suoi detrattori, che sono sempre di più, il male è invece un altro: l’incapacità della Federazione di avere un progetto a lungo termine, che parta da una radicale trasformazione della politica dei settori giovanili.
Possibile che in Italia non crescano più quei giocatori estrosi e fantasiosi, che erano stati capaci di trionfare? Dove sono finiti? E perché in Spagna e Portogallo, tanto per citare due paesi, ne nascono sempre?
Forse il problema è proprio lì. Gattuso o non Gattuso.
Lo farà anche sulla panchina della nazionale italiana, che ha tanto bisogno di uno scossone, dopo gli ultimi anni al cloroformio.
Sarà meglio non aspettarsi grandi cambiamenti tattici o rivoluzioni: Gattuso, semplicemente, non è quel tipo di allenatore. La sua carriera non è lastricata di grandi successi o di partite memorabili: la sua nomina, giusto ricordarlo, è stata una sorta di “scelta della disperazione”. O meglio, l’unica scelta possibile (o quasi). Ancelotti, il miglior allenatore italiano di sempre, si è trasferito in Brasile. Cose dell'altro mondo... appunto!
Dopo il benservito a Luciano Spalletti, il presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) Gabriele Gravina, ha ritenuto, beato lui, che il problema sia soprattutto mentale. In Italia non ci sarebbe più amore nel vestire la maglia della nazionale.
Bisogna tornare, e in fretta, alla passione e alla fierezza di un tempo, quando gli Azzurri erano temuti da tutti, e non soltanto per il loro indubbio talento. Nelle nazionali italiani c’era sempre una capacità di soffrire fuori dal comune, che ne faceva un esempio per tutti. Dov’è finita?
A un esame più profondo, c’è però chi si chiede se sia davvero questo il problema dell’Italia. O meglio, se questo sia il vero male del calcio italiano.
Per Gravina, in sella alla FIGC da ormai sette anni, sembra di sì, ma per i suoi detrattori, che sono sempre di più, il male è invece un altro: l’incapacità della Federazione di avere un progetto a lungo termine, che parta da una radicale trasformazione della politica dei settori giovanili.
Possibile che in Italia non crescano più quei giocatori estrosi e fantasiosi, che erano stati capaci di trionfare? Dove sono finiti? E perché in Spagna e Portogallo, tanto per citare due paesi, ne nascono sempre?
Forse il problema è proprio lì. Gattuso o non Gattuso.