All'improvviso
sullo stadio piomba il silenzio. Tutto si ferma, tutto è immobile,
un'interruzione del fluire inarrestabile della vita. Gli atleti sono
sui blocchi, i giudici sono impassibili e attenti, scrutano i loro
movimenti in maniera severa. La fissità è squarciata da uno sparo,
si alza una nuvola, è il via dello starter. La
sua partenza era incerta, un limite che voleva se non superare almeno
domare e forse contenere. Usciva dalla curva in ritardo. Doveva
riprendere gli avversari. Ecco il finale: si distendeva e poi
rimontava. Si vedeva che sbuffava. C'era un traguardo da raggiungere.
Bisognava tagliare una linea, prima la testa e poi tutto il resto. Un
orizzonte che corrisponde a uno sprazzo, che dà una parvenza di
senso all''esistenza. L'istante è sublimato. Il tempo è durato solo
alcuni secondi. Il momento si è arrestato. Lui
era Pietro Mennea, era un
velocista. Era alto 179 centimetri e pesava 68 kg. Era di
Barletta. Nacque il 28 giugno nel 1953, in una famiglia modesta,
scoprì sin da piccolino la velocità in un paese dominato dal
calcio. Tra i suoi innumerevoli successi: il record del mondo dei 200
conseguito nel 1979, corse in 19 secondi e 72 centesimi; il primato
resistette per 17 anni; la medaglia d'oro ottenuta ai Giochi olimpici
di Mosca del 1980. Il giovane barlettano l'Italia la conquistò.
Umile e taciturno divenne un'icona dal Nord al Sud. Nelle strade se
si era veloci si era chiamati subito “Mennea”, ma se si
osava vantarsi di essere un novello Achille, arrivava immancabile il
dileggio: “Ma chi ti credi di essere Mennea?”. Era un
maniaco degli allenamenti, profondeva tutta la sua volontà, aveva
uno spirito di sacrificio, che lo spingeva al limite della
sopportazione. Eppure ripeteva sempre a se stesso: “Non mi sento
preparato”. Ma non era la paura che inibisce, era la spinta ad
andare oltre. E
il ragazzo gracile e taciturno divenne un eroe quasi invincibile. Erano
tempi in cui l'atleta non era un'immagine, non era un corpo da
costruire e da esibire, non era un prodotto. Disse: “La fatica
non è mai sprecata: soffri ma sogni”.
ATLETICA

C'era una volta la Freccia del Sud