TENNIS
Nostalgia di un gentiluomo come Federer
Pubblicato il 08.07.2025 12:07
di Angelo Lungo
Sull'erba si gioca solo per un mese, è una superficie che ancora al passato, ma solo per uno sprazzo durante la stagione. Ma Wimbledon rimane un tempio laico, capace di avere una sacralità che la contemporaneità non riesce a scalfire. Il tennis soffre di una crisi epocale. Dietro Alcaraz e Sinner c'è una voragine, non ci sono giocatori di spessore tecnico e di spiccata personalità. Si nota anche il passaggio “all'erba battuta” come la definiva Gianni Clerici. Esiste solo il fondocampo, consumato dalle scarpe di nuova generazione, la discesa a rete non è più contemplata, è un retaggio ritenuto superfluo, è una pastoia superata dalla potenza, e dal colpo che deve partire da lontano. Anche a Wimbledon vige lo scambio prolungato. Ma il Centrale mantiene una grandissima forza simbolica ed evocativa, rappresenta un luogo vitale, dove il mistero della disciplina concupisce e ammalia. Ieri c'era uno spettatore molto speciale: occhiali neri; giacca blu; camicia bianca; cravatta nera. Finita la partita Djokovic ha detto: “Ogni tanto vorrei avere il serve & volley di quel gentiluomo, ma devo ancora correre per vincere”; ha aggiunto: “Tra l'altro è la prima volta che guarda una mia partita e io la vinco! Ho tanto rispetto per lui”. Il nome del gentiluomo è Roger, il cognome Federer. La nostalgia è un legittimo sentimento. Manca Federer al tennis, mancano il suo talento, la sua classe, il suo stile. Ci sono sempre i ricordi. Per fortuna.