WIMBLEDON
Sinner, un'esultanza sobria e contenuta
Pubblicato il 14.07.2025 07:00
di A. L.
In un tempo passato: il glaciale e freddo svedese Bjorn Borg si inginocchiava sulla schiena per terra e alzava le braccia al cielo; il poderoso e rosso tedesco Boris Becker alzava le braccia e lo sguardo al cielo ed esprimeva una soddisfazione istintiva e giovanile; l'imperturbabile e algido svedese Stefan Edberg si lasciava andare e il suo viso si scioglieva in un sorriso liberatorio, e braccia alzate al cielo. In un tempo recente: il serbo Novak Djokovic si inginocchiava e l'erba la mangiava; lo svizzero Roger Federer si abbandonava e lasciava scorrere le lacrime, un pianto quasi catartico. Vincere Wimbledon costituisce l'apoteosi per un tennista. Vale una carriera. Restituisce il senso di una disciplina, che vive di monumentali risvolti psicologici e nel finale vittorioso prorompe in un'emozione incontrollabile. Sinner è un italiano davvero particolare. Veniva dalla squalifica, a Parigi ha subito una pesante sconfitta da parte di Alcaraz, ha patito un rovescio doloroso in maniera quasi rocambolesca. A Londra si è superato e ha conquistato lo Slam più prestigioso e più importante. Terminato l'incontro si è lasciato andare a modo suo. Ecco un sorriso lieve ed educato, e ha alzato le braccia al cielo per rispettare il contorno, la circostanza, l'atmosfera. La sua visione del mondo è chiara: “Devi accettare le sconfitte per poi fare le scelte giuste e migliorare”. L'Italia ha il suo campione, vorrebbe il suo simbolo, vorrebbe la sua icona. Ma Jannik procede con la sua indole, e la sua esultanza è contenuta. Postilla: a Wimbledon per sostenere Alcaraz c'era addirittura il Re Felipe. Per l'Italia c'era solo l'ambasciatore. Assente tutti gli altri: sia il Ministro dello Sport, che il presidente del Coni.