Oltreconfine, è bufera sugli abbonamenti per assistere alle partite di Milan e Inter. Hanno iniziato i vertici rossoneri a imporre nuove regole: nei settori normalmente occupati dal tifo rossonero più caldo, pur concedendo la prelazione (scadeva ieri, 14 luglio), non sarà più consentito il cambio nominativo, che era il metodo utilizzato per rivendere (secondo l'inchiesta della Procura della Repubblica, corrispondente italiano del Ministero pubblico svizzero) i diritti di accesso allo stadio, consentendo un guadagno ai vertici degli ultras. Va detto che, invece, acquistando la modalità Classic dell'abbonamento, negli altri settori dell'impianto meneghino sarà ancora possibile esercitare questa opzione, che consente di regalare magari a un amico la possibilità di vedere le partite in caso di impedimento da parte del titolare: perlomeno, noi lo abbiamo sempre interpretato in questo modo, anche nel secolo scorso, quando i biglietti nominativi non esistevano. Appare quindi evidente come la scelta sia stata orientata dall'Autorità giudiziaria, intervenuta in primavera col pugno di ferro, per esempio vietando striscioni che potessero essere riconducibili ai gruppi coinvolti nell'inchiesta, di entrambe le curve milanesi, o di critica alla medesima.
Sul lato Inter, con la società coinvolta in maniera più profonda, e con una sorta di ostracismo agli ultras già messo in atto (non ufficialmente) in occasione della finale di Champions di Monaco, si è proceduto allo stesso modo: garantita la prelazione (i nerazzurri hanno aumentato però i prezzi del 10%, mentre i rossoneri li hanno lasciati invariati, visti i risultati della stagione scorsa), ma divieto (anche qua) di cambio nominativo. Però c'è di più: secondo un comunicato emesso dalla frangia di tifo interista più caldo, a diverse persone sarebbe stato impedito di rinnovare l'abbonamento. Tifosi, secondo quanto scritto dagli ultras, incensurati e non colpiti da Daspo, vale a dire quel provvedimento amministrativo, previsto oltreconfine, tramite il quale l'autorità di pubblica sicurezza impedisce l'ingresso agli eventi sportivi, per un periodo determinato (ma possono essere anche anni), a chi si è reso responsabile di disordini in occasioni analoghe.
Il comunicato, molto duro, da parte dei gruppi organizzati del tifo interista, fa sapere che non viene escluso il ricorso alla via giudiziaria, denunciando un orientamento che, secondo gli stessi, starebbe prendendo piede rispetto alla commercializzazione dei biglietti d'ingresso: favorire i turisti e non i tifosi abituali, con prezzi elevati e una sorta di selezione all'ingresso. Questo, concludono gli ultras, potrebbe portare a un calcio dove, ad assietere alle partite, ci sarebbero clienti (disposti a pagare prezzi elevati) e non tifosi. Ragionamento in parte condivisibile: tuttavia, un po' di autocritica ci poteva anche stare. Al netto del fatto che la maggioranza dei tifosi "storici", invecchiati sugli spalti, non sono ultras. E hanno rinnovato tranquillamente l'abbonamento.
Sul lato Inter, con la società coinvolta in maniera più profonda, e con una sorta di ostracismo agli ultras già messo in atto (non ufficialmente) in occasione della finale di Champions di Monaco, si è proceduto allo stesso modo: garantita la prelazione (i nerazzurri hanno aumentato però i prezzi del 10%, mentre i rossoneri li hanno lasciati invariati, visti i risultati della stagione scorsa), ma divieto (anche qua) di cambio nominativo. Però c'è di più: secondo un comunicato emesso dalla frangia di tifo interista più caldo, a diverse persone sarebbe stato impedito di rinnovare l'abbonamento. Tifosi, secondo quanto scritto dagli ultras, incensurati e non colpiti da Daspo, vale a dire quel provvedimento amministrativo, previsto oltreconfine, tramite il quale l'autorità di pubblica sicurezza impedisce l'ingresso agli eventi sportivi, per un periodo determinato (ma possono essere anche anni), a chi si è reso responsabile di disordini in occasioni analoghe.
Il comunicato, molto duro, da parte dei gruppi organizzati del tifo interista, fa sapere che non viene escluso il ricorso alla via giudiziaria, denunciando un orientamento che, secondo gli stessi, starebbe prendendo piede rispetto alla commercializzazione dei biglietti d'ingresso: favorire i turisti e non i tifosi abituali, con prezzi elevati e una sorta di selezione all'ingresso. Questo, concludono gli ultras, potrebbe portare a un calcio dove, ad assietere alle partite, ci sarebbero clienti (disposti a pagare prezzi elevati) e non tifosi. Ragionamento in parte condivisibile: tuttavia, un po' di autocritica ci poteva anche stare. Al netto del fatto che la maggioranza dei tifosi "storici", invecchiati sugli spalti, non sono ultras. E hanno rinnovato tranquillamente l'abbonamento.